REPORTAGE PROGETTO NEPAL MARZO 2006
Sono veramente tanti gli amici che ci circondano, ogni volta che vi ritorniamo ed in questa occasione anche gli impegni sono molteplici: l'inaugurazione di una nuova scuola, l'avvio del progetto "adozione a distanza" e la verifica di due nuove realtà scolastiche, a Janagaun ed a Bungamati.
Gli amici, al villaggio, ci aspettano per l'inaugurazione della Shree Chandrodaya Secondary School, un edificio che consentirà ai 700 studenti, del posto e delle aree limitrofe, di poter continuare gli studi superiori, senza la necessità di recarsi nella capitale o di rinunciarvi definitivamente, per l'impossibilità economica di proseguire. Con la realizzazione della nuova scuola, gli abitanti dei villaggi vicini, hanno tratto lo stimolo per auto tassarsi, al fine di poter sostenere l'onere economico della trasformazione in College della scuola stessa.
Ancora una volta ci rechiamo in un paese devastato dalla guerra civile, che vede le forze governative, da una parte, e le forze maoiste, dall'altra, contendersi il territorio ed il potere. Possiamo dire di averci fatto l'abitudine ai disservizi ed agli eventuali scioperi, che ci potrebbero impedire gli spostamenti durante la nostra permanenza ed, in particolare, d'andare al villaggio di Benighat, a circa 4 ore di strada dalla capitale.
Il gruppo è numeroso. Quattordici persone, piene di energia e determinazione, atterrano nella verdeggiante vallata di Kathmandu, dove ad accoglierli vi sono le consuete ghirlande di fiori e gli amici fedeli di sempre. Abbiamo appena il tempo di organizzarci e verificare che le ondate di scioperi, proclamati dal partito maoista, non interessino i nostri spostamenti, che si parte subito alla volta di Benighat.
In paese, è grande festa. Un comitato d'onore ci invita nella scuola, la prima che abbiamo costruito, a festeggiare con loro il nostro arrivo. Incontriamo Ravi, con tutti gli amici della sua associazione umanitaria nepalese, e tanti bambini, a cui lasciamo materiale scolastico e d' abbigliamento.
La novità di quest'ultima mission è che alloggeremo al villaggio, per tre notti, ospiti a casa della famiglia Kandel. L'emozione è tanta, anche perché, per noi occidentali, significherà immergersi in un'altra epoca, in un ambiente analogo a quello delle nostre realtà agricole di cento anni fa, privo di tutte le comodità per noi scontate, come l'acqua corrente, il bagno in casa, la luce elettrica, la tv…ecc. La casa di Ravi Kandel è immersa nel verde, tra ciuffi gialli di riso, che contrastano con il bianco dei muri, ondeggiando al vento e facendo intravedere il nostro alloggio, per i prossimi giorni, al di là della collina. Come tante formiche operose, gli abitanti del villaggio vanno e vengono, abilmente, lungo gli stretti ed instabili percorsi che delimitano i confini fra un terreno e l'altro, in questa campagna dal sapore di un tempo passato. Ed ecco spuntare, dal nulla, possenti letti in legno. Sembrano muoversi da soli, fra le alte coltivazioni, che nascondono invece numerosi nepalesi, attenti a rendere piacevole il nostro soggiorno. Questi letti, in legno, duri come l'acciaio, andranno a riempire le camere vuote ed i granai pieni di pannocchie e di radici bianche, che saranno le nostre stanze per le prossime notti.
L'aia, lustra e ben pulita, sarà il luogo dove trascorreremo le ore a consumare il cibo, a parlare, a confrontarci per i prossimi progetti ed a riposare. All'interno della casa ci si recherà solo per dormire. La sola luce del fuoco e delle piccole torce illuminano i nostri visi, ancora increduli da tanta ospitalità. La sera, l'intero villaggio si raduna a casa Kandel, per festeggiare, tutti insieme, la nostra presenza. Al suono dei tamburi, le ragazze ci invitano a danzare con loro. La sera rinfresca ed il "nepali tea", dolce e bollente, scorre a fiumi, sotto il cielo stellato. E' sempre troppo presto per andare a dormire, quando l'allegra compagnia ti trattiene. La gioia è tanta e dai loro visi spunta sempre un'espressione di curiosità, su quanto noi raccontiamo, delle nostre abitudini. La notte, persino i piccoli roditori di campagna sembrano vivere il clima festaiolo e si cimentano in gare di velocità, sopra le tettoie, lasciando che i più rimangano svegli, forse per il rumore o forse per la troppa eccitazione.
Il gallo deve ancora cantare, quando, lungo lo sterrato che porta all'unica fontana, ci troviamo tutti assonnati, con lo spazzolino da denti nel taschino. Nessuna parola riesce ancora a descrivere la nostra meraviglia, ma gli sguardi che si incrociano sono eloquenti.
Partiamo presto. La strada che porta fin su, alla collina, è lunga e tortuosa e le nostre povere gambe, poco allenate, faticano a tenere il passo degli agili e veloci amici nepalesi. La nebbia sulla vallata rende tutto più ovattato ed il sole, lentamente, ci stringe l'occhio da dietro la collina, annunciando una giornata calda. Arriviamo a Janagaun, dopo tre ore di cammino, ed i bambini, tutti vestiti a festa, ci aspettano con l'offerta di ghirlande fiorite in mano.
Visitiamo la scuola, ormai distrutta dal tempo. Solo un piano è funzionante, per i più piccoli. I più grandi, invece, fanno lezione all'ombra di un albero secolare. A parte l'aspetto meramente poetico, è evidente che le condizioni climatiche complicano alquanto la situazione: lottare contro l'abbraccio caldo del sole cocente ed evitare le violente sferzate dei monsoni, non è semplice. Distribuiamo materiale scolastico e d'abbigliamento ai tanti occhioni increduli, di tanti regali. Quindi, ci tratteniamo fino al tardo pomeriggio a giocare con loro ed a parlare con il Capo villaggio ed il Preside, per verificare l'opportunità di aiutare la comunità, costruendo una nuova scuola. Trascorriamo ancora una serata al chiar di luna, visto che la luce viene razionata ed in questo periodo le ore di black out sono più di 12 al giorno. Ancora con la musica nelle orecchie e nel cuore, ci svegliamo al canto del gallo, che questa volta ha fatto il suo dovere.
Quella odierna sarà una giornata particolare: andremo a discutere con il Preside ed il Sindaco di Benighat, l'opportunità di organizzare l'adozione a distanza, per alcuni bambini orfani, che hanno grandi doti scolastiche, e poi a cimentarci nelle lezioni scolastiche, al posto degli insegnanti. Ancora una festa, tutti i bimbi ci aspettano e come al solito sono tanti. Alcuni di noi distribuiscono materiale scolastico e colloquiano con le autorità, mentre alcuni altri tengono una divertente lezione di geografia, nelle classi. Tanta è l'energia, che anche gli insegnanti locali, solitamente tutti compunti, si lasciano trascinare dalle risate scroscianti degli alunni, per l'insolita lezione. Di lì, a poco, apprendiamo, con sorpresa, che il partito maoista ha indetto uno sciopero per l'indomani, imponendo il fermo a tutti gli autoveicoli. Un po' di preoccupazione aleggia fra il gruppo, ma i più esperti sono ottimisti: in questi anni ne abbiamo passate di peggio, quindi in un modo o nell'altro si risolverà, magari con una permanenza prolungata di qualche giorno. Nella vallata il silenzio è insolito, il blocco totale della circolazione rende l'atmosfera strana, quasi irreale. Ma ecco, mentre raggiungiamo la scuola, a piedi, ecco venirci incontro la banda con corni e tamburi, accompagnata dalla popolazione festante che tra suoni e balli ci porta alla Shree Chandrodaya Secondary School.
L'ultimo chilometro di strada, che ci separa dalla scuola, è un infinito serpentone colorato, formato da bimbi giunti da tutte le vicine scuole, per festeggiare ed assistere all'naugurazione. Siamo sommersi da sorrisi e ghirlande di fiori. La scuola è veramente bella. L'azzurro dei muri contrasta con il verde delle coltivazioni della vallata, rendendo una sorta di continuità fra cielo e scuola. Il momento clou sarà quando il nostro Presidente scoprirà la targa della scuola. In questo preciso istante, la banda e le migliaia di persone si uniranno, tra canti e balli, in applausi scroscianti. Solo allora saremo veramente fieri di noi stessi, dei nostri amici nepalesi e di tutti i benefattori che ci hanno aiutato in quest'opera. La grande festa continuerà per ore.
Giunto il momento di andare, tutti gli amici, commossi, ci salutano, dandoci appuntamento alla prossima visita. Il nostro autobus incede lentamente, fra le ali di folla che sembrano non volersi aprire per lasciare libero il passaggio. Ma a farsi largo in modo prepotente, sarà l'autoblindo dell'esercito, che ci scorterà fino all'entrata della capitale, in modo da poterci garantire l'incolumità rispetto ai rivoltosi. Gli scampoli di giorni rimasti serviranno per avviare un ulteriore progetto di costruzione di una nuova scuola a Bungamati, a pochi chilometri dalla capitale.
Ancora una volta il ritorno a casa, in Italia, sarà accompagnato da tanto entusiasmo e innumerevoli nuove iniziative: due scuole in fase di costruzione, l'avvio del progetto adozione a distanza di bimbi bisognosi (Educating Children) e l'inaugurazione del nostro ufficio a Kathmandu